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BEATITUDINI“BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DELLA GIUSTIZIA, PERCHÉ SARANNO SAZIATI”.


Dal Vangelo secondo Matteo (5,1-12)

Vedendo le folle Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:


“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia,

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio,

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli, così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Continuiamo ancora questo nostro cammino sulle beatitudini.

Nei precedenti incontri abbiamo sottolineato che le Beatitudini sono le nuove parole di vita che il Signore vuole consegnarci, quasi a sottolineare il loro essere un nuovo patto di alleanza.

La prima alleanza, frutto di una liberazione da parte di Dio a favore del suo popolo schiavo in Egitto, la ritroviamo quando Dio stesso, consegna a Mosè sulla montagna le 10 Parole. Questo è ben ripreso da Matteo attraverso la figura di Gesù, nel brano che abbiamo ascoltato

Oggi ci fermiamo sulla quarta beatitudine: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”.

Abbiamo detto che la prima beatitudine sottolinea l’abbandono, l'affidarsi a Dio, mentre nella seconda i miti sono il riflesso di coloro che si abbandonano completamente a Dio, perché docili alla parola e all’insegnamento di Dio. Essi non possedendo una terra, ci invitano a dipendere da qualcun Altro e in virtù di ciò, saranno eredi della Terra promessa, cioè la vita eterna.

Oggi Gesù ci dice che coloro che hanno fame e sete della giustizia saranno saziati.

Ma cosa vuole dire aver fame e sete della giustizia? Cosa significa giustizia? Non significa vendetta. Molte volte io voglio avere giustizia davanti a una situazione particolare, davanti a un omicidio, davanti a qualcosa di terribile. Spesso si chiede la verità, che venga messa la giusta parola, che ci sia una giusta sentenza.

In realtà nella sacra scrittura chi è il giusto?

Nell'antico testamento il primo giusto è Abramo. Di lui si dice nel libro della Genesi al capitolo 15 che egli credette e questo gli fu attribuito come giustizia da Dio.

Quindi chi è il giusto per la Scrittura? È colui che si abbandona e segue la volontà di Dio, che ha fame e sete della giustizia.

Leggendo le beatitudini nell'ottica dell'identità cristiana, abbiamo ribadito che essi sono il nostro marchio identitario, come lo afferma papa Francesco, accostandole al Giudizio finale presente in Matteo al capitolo 25, 31-46. Nell’accostare i due brani, il papa sottolinea che essi saranno la nostra carta d’identità davanti a Dio, perché Cristo è presente nell’affamato, nell’assetato, nel carcerato, nel malato, nel forestiero. Soccorrere loro significa aver messo in pratica il vangelo e quindi aver fame e sete della giustizia.

Le beatitudini sono la guida che ci permettono di mettere in pratica la nuova alleanza, che Dio attraverso il sacrificio del Figlio, ha voluto stipulare e sancire con l'uomo. Nel brano di Matteo, che precedentemente abbiamo citato, i giusti sono coloro che agiscono nel quotidiano scorrere delle cose, che non fanno caos, che non gridano ma soprattutto si stupiscono del loro aver messo in pratica il vangelo: “quando Maestro ti abbiamo visto nell’affamato, nell’assetato, nel prigioniero, nel malato, quando?” E il Signore cosa dice? “Ogni volta che avete fatto queste cose, l'avete fatte e me”; quindi il giusto non si vanta, ma si rimette nella volontà di Dio.

Molte volte nella Scrittura sentiamo parlare dei giusti come in Giuseppe, sposo di Maria.

Ma cosa fa di giusto Giuseppe?


Giuseppe aveva due strade difronte a Maria, quando ella gli comunicò la sua straordinaria gravidanza: o seguire la legge di Mosé e quindi ripudiala e farla lapidare oppure la seconda: ripudiarla in segreto. Ed è giusto Giuseppe davanti a Dio? Si, perchè si è rimesso nelle mani di Dio, ha seguito la volontà di Dio. E cosa ha fatto? Ha tenuto di più alla legge di Mosé oppure ha seguito il suo cuore fino al punto di reinterpretare la Legge? Ripensare la Legge vuol dire aver fame e sete di giustizia e cioè usare misericordia e non adempiere sacrifici, rischiando così di andare fuori strada come i farisei

Isaia in questo ci viene in aiuto proprio all’inizio del nostro cammino quaresimale:

“È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? 7Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?”

Avvertire il senso della fame della volontà di Dio, sarebbe vano senza l’aiuto dello Spirito Santo, poiché e Lui che ispira e fa muore la nostra mente, volontà e cuore nel seguire Cristo più da vicino. Ecco allora che noi saremo beati e sazi quando avremo ascoltato e concretizzato la volontà di Dio.


Chi è anche per eccellenza il giusto? È Gesù Cristo perché minacciato, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, ma si rimetteva nelle mani di Dio. Li sulla croce si manifesta la piena giustizia: “Nelle tue mani consegno la mia vita”. Quella croce, quel letto, quel trono sul quale Cristo è, diventa il modello per eccellenza di colui che si abbandona totalmente nelle mani di Dio, che nel silenzio non solo offriva la sua vita a Dio, ma pregava per noi. Allora ecco che il maestro che ci invita sulla montagna ad essere beati, è lui stesso che ha vissuto per prima la beatitudine, tanto che sarà proprio un pagano, un lontano ad emettere la sua professione di fede “davvero egli è li Figlio di Dio”.

Il Vangelo è proprio questo: un sottolineare la beatitudine dell’affidarsi alla volontà di Dio. Tutta la vita di Gesù è stato un affidarsi alla volontà di Dio, perché nei suoi anni di silenzio ha imparato attraverso i suoi genitori ad affidarsi, nel cammino del deserto ha imparato a fidarsi, nel suo ministero ha imparato a fidarsi, Dove? Nella preghiera culminata sulla croce dove ha detto “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”.

Aver fame e sete di giustizia significa proprio questo: sentire il bisogno profondo di riconoscerci fragili e proprio per questo bisognosi di misericordia e di affidarci alla volontà di Dio, come è da noi invocato nella preghiera del Padre nostro: sia fatta la tua volontà.

Essere figli di un unico Padre significa dipendere da qualcuno affinché possiamo apprendere la mitezza e l’essere poveri in spirito.

In questo ci sia di esempio Maria, lei che ha sempre serbato nel cuore tutto e a Cana in Galilea ha detto: “Fate quello che lui vi dirà”.

Titolo 2

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